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Angelora e Andreas

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Storie

Angelora e Andreas

10 Gennaio 2019
By Andrea Quarin
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Angelora e Andreas vivono a Cupello, un piccolo comune vicino a Vasto, in Abruzzo. I loro due figli, Christian di sei anni e Aurora di quattro, sono affetti da malattia mitocondriale. Hanno una casa accogliente come loro e la particolarità è il grande salone diviso in due parti: un lato con divano e tv e l’altro con il parco giochi dei due piccoli. Una zona protetta e colorata dove poter giocare in tranquillità.

La vostra famiglia

Angelora – Siamo in quattro e, da quando abbiamo scoperto la malattia, ho smesso di lavorare per potermi dedicare completamente ai bambini. Hanno le terapie settimanali da fare, la scuola, gli impegni, le visite. Andreas invece lavora per due, quindi esce alle otto e torna la sera alle otto e lavora in un laboratorio chimico al mattino e in un’attività commerciale nel pomeriggio. Poi la sera è lui a occuparsi dei bambini mentre io mi dedico alla casa.

La tua giornata tipo

Angelora – Io sto con i bambini. Alle 8.30 al massimo dobbiamo essere al centro di riabilitazione, psicomotricità e logopedia. D’inverno, dopo la terapia, che termina entro le 10.00, li porto a scuola e d’estate al mare visto che viviamo qui. D’inverno rimangono a scuola fino alle 14, pranzano a scuola e io posso dedicarmi alla casa e alla burocrazia tra ASL e quant’altro. Nel pomeriggio dormono almeno due ore per recuperare l’energia, poi giochi, attività dentro casa e per la cena aspettano il papà per giocare. Quest’anno una grande novità molto emozionante: Christian inizia la scuola elementare.

Il sospetto della malattia per entrambi

Angelora – Ero incinta di Aurora e lavoravo, così abbiamo deciso di mandare Christian in un asilo che prendeva i bambini prima dei tre anni. Quando andavo a prenderlo mi correva incontro e, dopo due mesi, ha iniziato ad avere tosse e raffreddore che non passavano. Passato un po’ di tempo ci chiama la maestra per dirci che il bambino cadeva spesso senza proteggersi e, in effetti, abbiamo osservato anche noi la stessa cosa. Guardava in su e poi cadeva.

Andreas – Così siamo andati dal pediatra e allora c’era il sostituto che ci disse che forse era caduto a causa di uno spavento. Ma Christian continuava a cadere e, tornato il pediatra, ci consigliò una visita neurologica dove riscontrarono qualcosa di strano. Fu sottoposto a una serie di esami e, tra questi, la risonanza magnetica dove scrissero “sospetta citopatia mitocondriale”. Letto il referto, torniamo a casa, controlliamo su internet e leggiamo che era una malattia irreversibile che porta alla morte entro il primo anno di vita. Per noi è iniziato tutto il calvario, l’iter per gli ospedali. Sul referto c’era scritta “sospetta” e abbiamo fatto molte visite quell’anno: Pisa, Roma, Milano… Speravamo che qualcuno ci dicesse che non era così. La prima risonanza di Christian è stata fatta il 20 gennaio e Aurora è nata il 1 febbraio, 10 giorni dopo.

Aurora è stata sempre giusta con i tempi di crescita. Diceva “sì” e “no” a nove mesi e, se non ci fosse stato Christian, probabilmente non saremmo arrivati alla diagnosi mitocondriale così rapidamente. Tremava dalla testa ai piedi appena si svegliava, poi durante il giorno no. E poi non camminava, prendeva la seggiolina e iniziava a trascinarla per spostasi nella stanza. Lei è stata fortunata rispetto al fratello perché a Christian hanno fatto di tutto: analisi, prelievi, elettromiografie. Ad Aurora solo una risonanza magnetica. Hanno visto delle microlesioni uguali a quelle del fratello e hanno dato la diagnosi. Lei ha iniziato subito la terapia vitaminica, il fratello no.

Angelora – Poi sono andati avanti con un altro esame, la genetica, e il risultato è arrivato l’anno scorso: i portatori di questo scompenso mitocondriale siamo noi, la combinazione mia con Andreas ha trasmesso la malattia ai bambini.

Se doveste avere un altro figlio che percentuale ci sarebbe che nascesse con una malattia mitocondriale?

Il 25%.

Aurora è più autonoma perché l’avete scoperto subito?

Questa è la domanda che noi poniamo ai medici. Non si sa, perché potrebbe essere ad esempio un fatto legato al cromosoma perché è una bambina e non un maschietto.

 Il rapporto tra loro due

Angelora – Bellissimo. Litigano tanto ma sono inseparabili. Aurora è affettuosissima con il fratello, lo protegge, lo coccola.

Il rapporto con gli altri bambini

Angelora – Entrambi sono molto selettivi. Riconoscono il bambino più sensibile da quello troppo esuberante o indisciplinato che può essere pericoloso perché Christian si può fare male, può cadere.  Aurora, anche se non si vede, ha delle perdite di equilibrio ogni tanto, quindi avere qualcuno vicino di irruento potrebbe essere pericoloso. Hanno fatto le loro scelte, hanno i loro amici con cui giocano. Le difficoltà nascono quando si va in un ambiente nuovo, dove i bambini che non li conoscono sono più restii a fare amicizia con loro, soprattutto con Christian. Lui ha imparato a riconoscere i bambini che gli hanno prestato attenzione in questi anni e che non se ne sono andati via senza un sorriso né un’attenzione. Quelli che l’hanno considerato li porta nel cuore in una maniera incredibile. Ad esempio, un bambino che andava a scuola con lui due anni fa è ancora il suo migliore amico perché si metteva vicino a lui, ci giocava, ci passava il tempo, gli faceva i disegni (che abbiamo ancora). Per lui è ancora il suo migliore amico anche se non lo vede più.

Il lavoro di inserimento che è stato fatto alla scuola materna per consentire la piena integrazione di Christian è stato straordinario, un lavoro pieno di amore.

Com’è cambiato il vostro senso della famiglia?

Angelora – Io e Andreas dobbiamo fare un grande lavoro per riuscire a non farci sopraffare da rabbia, dolore, stanchezza. Dobbiamo stare attenti quando siamo con i bambini perché assorbono tutto e  risentirebbero del carico di emozioni negative. Noi dobbiamo essere uniti, altrimenti non possiamo affrontare la situazione, è un lavoro di squadra. Quando cerchiamo di goderci un po’ di normalità ci rendiamo conto quanto la nostra vita sia diversa da quella degli altri. E, in quei casi, la rabbia aumenta ancora di più perché ci chiediamo: un figlio può starci, ma due? Perché? Anche perché non abbiamo tante speranze, quindi…

Le parole “futuro” e “sogno”?

Angelora – Non esistono più per noi. I nostri progetti arrivano al massimo a 3, 4 mesi, ed è tutto molto pratico: la scuola, il lavoro, la casa.

Perché è importante combattere una malattia anche se rara?

Angelora – Perché abbiamo bambini meravigliosi e chi li conosce li ama alla follia.

Quanto credete nella ricerca?

Andreas – Al 100%. Non possiamo sperare che la ricerca guarisca i nostri figli perché sappiamo che i danni al cervello sono irreversibili, ma potrebbe succedere che trovino qualcosa che blocchi la malattia e per noi sarebbe veramente tanto. Noi ci crediamo.

Avete momenti di solitudine?

Angelora – Sì ci sono ed è difficile gestirli insieme, perché comunque ci influenziamo anche senza dircelo. Ognuno cerca di tenerli per sé perché l’equilibrio è molto delicato.

Chi vi aiuta nei momenti bui?

Angelora – Ci aiutano i nostri figli. La mattina mi sveglio nera, vado nella loro cameretta, Christian mi sorride e mi cura.

Il momento esatto in cui vi hanno comunicato la diagnosi

Andreas – A me non è pesato più di tanto perché non ci credevo. Dentro di me pensavo che fosse impossibile una cosa del genere e ho impiegato tanto per capire la gravità della situazione.

Angelora – Io lì per lì ho avuto un malessere fisico. Mi è mancata l’energia e ho avuto tanta paura perché mi sono vista crollare tutto addosso. Ho avuto paura di non saper affrontare questa situazione, paura che ho sempre.

Cosa vorreste fare tutti e quattro insieme?

Angelora – Un viaggio a Gardaland o anche prendere l’aereo per far passare a Christian la paura dei rumori forti.

Andreas – Io vorrei fare un viaggio in moto con Christian.

Un episodio in cui avete fatto qualcosa fuori dalla norma

Angelora – Al mare ci siamo arrampicati con loro sugli scogli, abbiamo preso Christian e l’abbiamo portato in una piscinetta tra le rocce. Con la complicità dei parenti riusciamo a fare molte cose.

Chi via aiuta?

Angelora – Le nostre mamme, gli zii, un po’ tutta la famiglia in realtà. Sono tutti molto presenti e ho anche una nipote fantastica.

 Ci sono cose che non potete più fare?

Andreas – In realtà noi facciamo tutto, ma ci costa molto sacrificio. Se Christian per esempio vuole andare sullo scivolo è molto complicato farglielo fare. Adesso pesa venti chili e non basta una persona per poterlo accontentare. Ma cerchiamo di farlo. Quello che ci manca è poter stare con altre famiglie in tranquillità. I figli dei nostri amici giocano per conto loro, ma i nostri non sono autonomi e hanno bisogno di noi in ogni momento. Mi mancano anche le cose più semplici come portare Christian con me a spasso la domenica mattina. Ci manca la normalità.

Cosa avete imparato a fare?

Andreas – Ad affrontare le cose in maniera completamente diversa. Se prima poteva essere un problema qualsiasi cosa anche di poco conto, ora una difficoltà preoccupante è una stupidaggine. È talmente seria la nostra situazione che il resto è facile. Sappiamo apprezzare cose piccolissime come una parola nuova scandita da Aurora.

Avete mai avuto difficoltà a comprendere Christian?

Angelora – Adesso non lo capiamo più e lui si arrabbia. Ripete le cose moltissime volte per farsi capire e a volte non parla più perché non lo capiamo. Per fortuna ha un caratteraccio e ripete, ripete, ripete… Aurora lo interpreta a modo suo. Per noi e per Christian rivedere le foto e i video di quando era molto piccolo è un trauma. Quando vede che camminava e correva si infastidisce.

 Mitocon

Andreas – È stata la prima grande forza di reazione a questa situazione. Quando abbiamo scoperto Mitocon ci siamo accorti che non eravamo soli, che anche gli altri hanno passato quello che abbiamo passato noi. Ci siamo trovati insieme ad altre famiglie con le quali ci potevamo confrontare, in rete con tutti i medici specializzati da questa patologia. Quando arrivano nuove famiglie, ti rivedi la stessa faccia, le stesse parole. Allora allunghi subito una mano, perché sai cosa vuol dire quel sentirsi solo. Ma Mitocon è anche la nostra speranza, perché solo raccogliendo fondi a sostegno della ricerca scientifica si potrà un giorno arrivare a una cura

La prima cosa che fate la mattina

Andreas – Andare nella cameretta dei bambini per vederli.

La storia di Angelora e Andreas su VanityFair.it del 19 settembre 2018


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