Rosella
Rosella è affetta dalla neuropatia ottica ereditaria di Leber o Lhon. Come Rosella, le persone colpite dalla Lhon, devono fare i conti, giorno dopo giorno, con un abbaglio che gradatamente si impadronisce del loro campo visivo. Un buco luminoso che dapprima compare solo in un pezzetto di occhio, poi piano piano si allarga e nel giro di settimane, al massimo mesi, può conquistare anche il secondo occhio.
Una condizione difficile e sfidante, soprattutto perché può colpire all’improvviso una persona che fino al giorno prima era abituata a vivere in modo normale e autosufficiente.
Storie di Malati Mitocondriali – Rosella
Rosella ha cinquantacinque anni, vive ad Ascoli Piceno insieme a suo marito Nazzareno e alla figlia Greta. “Il mio percorso è iniziato nel novembre 2018, quando mi accorsi di avere un carcinoma al seno. Fui operata ad Ancona, dopodiché iniziai la radioterapia e la cura ormonale: era aprile 2019. Finita la radioterapia, feci i controlli e tutto andava bene.
A fine luglio 2020, durante una serata con amici, mi resi conto che guardando il cellulare non vedevo bene. A lavoro, il giorno dopo, davanti al computer notai delle difficoltà. D’istinto coprii l’occhio destro e ci vedevo. Feci lo stesso con l’occhio sinistro e al centro non vedevo: era tutto vuoto. Mi preoccupai, ne parlai con l’oculista, feci una visita e pensarono dipendesse dal nervo ottico. Dopo aver escluso il tumore e la sclerosi, e dopo aver sospeso la cura ormonale, mi dissero che era stata una neurite ottica ischemica e che dall’occhio sinistro avevo perso la vista”.
Il buio
Il 27 novembre 2020, mentre è a lavoro, Rosella di colpo perde la vista anche all’altro occhio. “Ci vedevo poco eppure presi la macchina e guidai fino a casa. Cinque lunghi e interminabili chilometri: fu l’ultima volta che guidai”.
È al Centro Oculistico Mastropasqua di Pescara che Rosella scopre di avere la neuropatia ottica di Leber. Da lì l’arrivo a Bologna e la proposta di entrare a far parte di un gruppo di cura basato sulla terapia genica. “Sei pazienti, io l’unica donna. Nessuno sa dirmi se guarirò, ma voglio sperare e portare pazienza: i tempi ci sono. Non mi aspetto tanto, anche un decimo sarebbe come vedere. Mi aspetto quel poco che mi renda indipendente, non chiedo dieci decimi. In questo momento sono nel bel mezzo della rabbia, dell’angoscia e del terrore.
La malattia mi ha privato di tante cose. Mi manca l’indipendenza: prima ero molto attiva, facevo tanto sport e dovermi fermare è stato duro. A casa ho un tapis roulant e mi alleno tutti i giorni più di un’ora. E poi mi manca lo sguardo delle persone, vedere mia figlia che si trucca, quello che indossa la mattina prima di andare a lavoro. Mi sento sola in questo”. Rabbia, speranza, ma non solo: Rossella trova la forza nella sua famiglia. “Mia figlia è laureata in psicologia, ora sta frequentando la scuola di psicoterapia. Lei mi aiuta, mi capisce, ma soffre insieme a me. Quello che mi dispiace è pensare di pesare su di loro, cosa che non voglio”.
Nella famiglia di Rosella non ci sono altri casi. Greta, sua figlia, ha fatto l’esame del DNA e ha la mutazione genetica, ma non è manifesta. “Se avessi saputo di questa mutazione genetica prima di decidere di avere un figlio e di restare incinta, l’avrei affrontato diversamente”.
L’incontro con Mitocon
“Ho conosciuto Mitocon grazie a mia figlia”. In questo percorso di accettazione della malattia, Mitocon è stata di supporto per Rossella e lei stessa afferma: “Se dovessi incontrare una persona che ha la mia stessa patologia la ascolterei e proverei, senza forzatura, a consigliarle di farsi aiutare piano piano, attraverso un percorso psicoterapeutico e appoggiandosi alle associazioni come Mitocon”.