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Sara

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Storie

Sara

11 Gennaio 2019
By Mitocon Onlus
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966 Views

Sara è giovane, ha 26 anni e vive a Padova insieme alla famiglia: i genitori e la sorella più piccola. Ha un’autonomia limitata nel camminare o nel fare qualsiasi attività fisica a causa di una malattia mitocondriale che la rende intollerante allo sforzo.

Raccontaci il tuo lavoro

Sono in ufficio con sette persone ed, essendo lì da pochi mesi, sono affiancata da una signora. Mi indica cosa fare e poi mi dà lavori da svolgere in autonomia, in modo che mi abitui a fare cose nuove. Sono tutti molto gentili e mi sento tranquilla con loro. Per raggiungere l’ufficio c’è una rampa di scale da fare ma mi hanno sempre detto di farla con calma perché non c’è nessun problema.

Perché questi studi?

Mi piaceva il diritto già dalle superiori, così ho deciso di intraprendere la facoltà di Consulente del lavoro, che principalmente studia la materia del diritto. Mi piace studiare come è giusto che siano le cose e come funzionano per poi poter applicare le regole e far andar bene le cose.

Spiega le malattie mitocondriali ai tuoi coetanei

Direi che sono malattie che ti limitano nel camminare, nel fare attività fisica. Poi, essendo diverse e milioni di mutazioni, c’è chi come me fa fatica a camminare, alzarsi da terra o fare le scale. Ci sono altri che sono limitati nel mangiare, altri non sono autonomi nel respirare, per cui diciamo che la grande difficoltà che ti comportano è una limitazione fisica. Che siano i muscoli, che sia il cuore che sia nella gola, comunque è una limitazione.

Il bello dei tuoi amici

Più passa il tempo, più mi conoscono e cercano di agevolarmi. Non riesco a frequentarli spesso perché per me è faticoso uscire, ma quando ci vediamo magari scelgono un locale più facilmente raggiungibile per me o senza gradini. Così sono più tranquilla e mi godo di più la serata.

 La tua diagnosi

Ho scoperto di avere qualcosa che non andava quando avevo all’incirca 8, 9 anni perché facevo fatica a correre come gli altri bambini. Andavo alle feste di compleanno e non correvo oppure, se correvo, vomitavo e mi stancavo, per cui i miei genitori hanno iniziato a portarmi da vari specialisti. All’inizio mi hanno curato l’asma da sforzo, ma non guarivo, poi sono andata dallo psicologo e dopo, finalmente, a Trieste in un ospedale pediatrico e lì hanno scoperto la mia malattia. Avevo 11, 12 anni.

 Cosa ti rende triste?

Per esempio quando la gente non capisce. Chi mi vede pensa che io sia normale, magari troppo magra. Ho il contrassegno invalidi e parcheggio la macchina nei posti riservati e, vedendomi scendere con le mie gambe, non capiscono perché io lo faccia e mi guardano male o fanno commenti tipo: “Ecco come se ne approfittano”.

Quando sei triste cosa fai?

Sto con la mia famiglia. Magari ci facciamo un pianto assieme e poi passa. Dove ci sono loro sto bene e sono tranquilla.

 Se fossi un’influencer

Mi racconterei su Instagram facendomi una foto e mostrandomi normale, spiegando poi però qual è il mio problema. Mostrerei che parcheggio nel posto per gli invalidi, che ho la pensione d’invalidità e direi che una persona, anche se non sembra, può avere i suoi problemi.

Scrivi a un tuo mito

Scriverei a Jovanotti che sono una sua fan, una ragazza normale che fa fatica a fare le cose semplici della vita, però c’è di testa, è intelligente e tranquilla, a parte per le gambe che non la fanno camminare.

I sogni

I sogni non dovrebbero rimanere nel cassetto ma bisognerebbe realizzarli. Poi però uno dovrebbe capire se sono realizzabili senza accanirsi. Io sogno di guarire.

La vacanza ideale

In Polinesia francese. C’è un mare stupendo e poi ci sono casette proprio sul mare, che tu scendi e hai l’acqua sui piedi.

Emozioni più ricorrenti durante la giornata

Sono tranquillità e gioia. Non mi capita spesso di essere triste, per fortuna. I miei genitori e mia sorella mi tengono sempre su di morale. Ovviamente ci sono i momenti in cui mi butto un po’ giù, ma di solito sto bene. Mia sorella per rendermi allegra mi fa ridere oppure mi porta a mangiare sushi, in piscina d’estate o in centro.

 Hai un’alimentazione particolare?

No, mangio tutto. Seguo una dieta ipercalorica però mangio di tutto. Mi piace qualsiasi cosa che sia fritta. Potrei mangiare tutto, basta che sia fritto.

Quanto è importane Mitocon?

Molto, perché aiuta a trovare fondi per la ricerca ma anche, soprattutto, perché ci riunisce in un’unica famiglia dove ci si capisce uno con l’altro perché siamo tutti uguali.

 Se dovessi inventare uno spot per Mitocon?

Penserei a una persona come me o anche magari in sedia rotelle o con altri problemi. Sarebbe attorniata da molte persone che l’aiutano, le stanno vicino perché non  siamo contagiosi e quindi chiunque può starci vicino e darci una mano.

Cosa diresti a un ricercatore?

Di farmi vivere una vita più normale possibile.


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Mitocon è nata nel 2007 da un gruppo di genitori di bambini affetti da malattie mitocondriali. Nel corso degli anni, la nostra mito-famiglia si è allargata ed è diventata l’organizzazione di riferimento in Italia per tutti i pazienti mitocondriali, adulti e bambini, per le loro famiglie e per l’intera comunità scientifica che si occupa di queste patologie.

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